sabato 26 luglio 2014

Il "Castello" di Ruffano e il suo ultimo erede

Chiamarlo "Castello" è ambizioso: in realtà l'edificio che campeggia sulla piazza principale del piccolo borgo antico di Ruffano è un palazzo nobiliare, impreziosito da sculture e bassorilievi nella loggia interna e collegato alla Chiesa matrice tramite una loggia esterna (la cosiddetta "Loggia Brancaccio"), grazie alla quale i suoi occupanti potevano godere della possibilità di assistere alla funzioni religiose dall'alto di due finestrelle che si affacciavano direttamente all'interno dell'edificio sacro.
Anche questo aspetto della storia nobiliare del piccolo borgo è ricostruito in un piccolo saggio pubblicato dalla ricercatrice dell’Università del Salento Daniela De Lorenzis che si può scaricare qui, dal quale si apprende che il cosiddetto “privilegio di grata” venne accordato nel 1657 direttamente dal papa Alessandro VII all’allora principe di Ruffano, Carlo Brancaccio. 

Fu proprio la casata napoletana dei Brancaccio, principi di Ruffano e Triggiano, a rendere grandi e nobili nel corso del 1600 il palazzo e il relativo feudo, i quali vennero acquistati nel 1700 prima dai D’Amore-Basurto, marchesi di Ugento e principi di Racale (che smembrarono dal possedimento i feudi minori di Torrepaduli e Cardigliano per venderli ai Pignatelli, principi di Specchia), e poi da un'altra nobile famiglia napoletana, quella dei Ferrante.

L’ultimo passaggio risale al 1835, quando i marchesi Ferrante vendettero palazzo e titolo (entrambi alquanto malconci) alla nobile famiglia Leuzzi di Latiano.
Il matrimonio fra una Leuzzi e un Pizzolante, erede di una casata di Salignano, diede origine al doppio cognome Pizzolante-Leuzzi, famiglia che ancora adesso occupa l’antico palazzo nobiliare con l’ultimo discendente, “don” Francesco, appunto. 
Il quale è anche un originale nobile solitario, che sostiene la necessità di trasformare il capo di Leuca in un principato, retto da Amedeo D’Aosta e distaccato dal resto d’Italia, un paradiso fiscale sul modello Montecarlo. 
Non riusciremo però a farci raccontare direttamente dal "principe di Ruffano" questa sua originale trovata.
Lasciandoci alle spalle la piazza dominata dalla torre dell’orologio, costruita dai D’Amore-Basurto, entriamo nel castello tramite il portone principale, sormontato dallo stemma dei marchesi Ferrante, e ci inoltriamo nello splendido atrio, dominato dalla statua del principe Brancaccio, per salire poi al piano nobile grazie alla scala marchiata con lo stemma dei Leuzzi. Qui suoniamo un campanello a forma di leone, ma da “don” Francesco non avremo risposta: dovremo accontentarci di curiosare tra antiche logge e auto novecentesche e di uscire dal palazzo Pizzolante-Leuzzi, bellissimo ma in rovina, carichi di storie e di stemmi ma senza neanche un punto in tasca. Per sapere come continua il tour di Micco a Ruffano basta cliccare qui.

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