venerdì 9 maggio 2014

Tra San Giuseppe e Sangiorgi: il tour di Micco a Copertino




Squadra: Micco


Narratore: Danilo

Eccoli, eh! Lu Giulianu, lu Andrea, lu Ermannu, lu Lele e tutti gli altri: li Negramaro. Nooo, sono legatissimi a Copertino:  l’altro anno ci fecero la sorpresa e vennero a suonare alla festa. Gratis, eh! Mica si pagarono. Legatissimi proprio”. 




Come si siano congiunti, l’agiografia sacra di San Giuseppe e il mito laico di Sangiorgi (e compagni), è un mistero che può svelare solo questo paesone di quasi 25mila abitanti: è il quarto comune della provincia di Lecce ma è un Salento a parte, da sempre chiuso in se stesso.
Chiuso nella dolce ossessione per il suo santo protettore. Chiuso nella cura dei campi, che sono il sangue che lo nutre. Chiuso come il castello nelle sue mura, dal portone inesorabilmente sbarrato nella giornata di festa nella quale facciamo sbarcare a Copertino la competizione tra Micco e Macco, le due squadre che per un paio d’ore si daranno battaglia nel centro storico.
Prima di arrivarci, siamo andati a riempirci gli occhi della meraviglia di Sant’Isidoro: amministrativa- mente è una marina di Nardò ma solo un rettilineo d’asfalto lungo qualche chilometro la separa da Copertino, che quindi la considera come la spiaggia di casa.
Oltre agli occhi, ci siamo riempiti anche le pance di pesce fritto, croccante e fresco, per la (evidente) felicità di Graziano: abbiamo due new entry in squadra, Giovanna e Chiara, e la tavola è il modo migliore per fare spogliatoio in vista della gara.  

L’obiettivo è sempre lo stesso: trovare gli scorci più suggestivi e soprattutto i personaggi più caratteristici, entrare in confidenza per qualche minuto con gli abitanti e comprendere il carattere meno superficiale di questa terra. Ecco perché pensiamo di essere capitati nel posto giusto, quando Sebastiano, il tesoriere del comitato apre la porta quando Serena e Monica ci passano davanti. Apostrofarlo (1 punto) e introdursi nei locali del comitato (5 punti) è un tutt’uno. Come un tutt’uno è, in questo piccolo spazio, la mite convivenza tra le due glorie di Copertino: quella sacra e antica di san Giuseppe e quella moderna e musicale dei Negramaro. Il gonfalone con il santo dei voli e il poster della band  sono lì, l’uno accanto all’altro.



Guarda la dedica, guarda: al comitato festa San Giuseppe, sempre impegnato a tutela della nostre tradizioni. E pure con affetto, hanno scritto. Nooo, legatissimi sono”.  Sebastiano è affiancato da due altri componenti del comitato, dal nome latineggiante di “Cantieri Josephini”, Salvatore e Ermanno (2 altri punti per noi). Superata la perplessità iniziale, è diventato un fiume in piena: parla, indica, spiega,  ci riempie le orecchie di aneddoti dei Negramaro e le mani di riviste dedicate a San Giuseppe. 


Questa statuetta dorata è il cardinale Brancati, aiutò la canonizzazione e quindi siamo devoti pure a lui. Due anni fa abbiamo inviato le lettere ai copertinesi all’estero: 1.720 lettere abbiamo mandato, per chiedere fondi per la grande festa del ritorno delle spoglie mortali del santo”. I tre esponenti dell’associazione parlano proprio così, in un italiano misto di inflessioni dialettali e termini derivati dal latino curiale: una perfetta sintesi della cultura popolare, intrisa di chiesa e di campagna. 

E com’è andata la raccolta fondi?” concretizza Monica. “Non c’è male: uno dal Canada ha perfino mandato 500 dollari. Ma la risposta più bella è stata quella di un emigrato in Francia. Sono poverissimo, ci ha scritto, ma per san Giuseppe mio farei tutto. Non ci ha mandato niente, eh! Però la lettera era bella, la teniamo conservata”. 

Sonora risata generale e molti saluti ai tre componenti del comitato festa: la loro verace religiosità è bella, ma la gara incalza e i punti scarseggiano. “Ma come funziona questo gioco?” ci chiede Salvatore; Serena gli spiega il regolamento e lui scherza: “se tornate al castello, proprio davanti c’è casa di mia figlia: suonate e vi sarà aperto”. Lo ringraziamo, senza dar troppo peso alle sue parole, e andiamo avanti nel tour. Siamo in giro da un bel po’ e non abbiamo concretizzato granché. 


Eppure questa tappa copertinese era iniziato sotto i migliori auspici: appena partiti, ci eravamo imbattuti in Danilo Rafaschieri, vecchio amico dell’università. “Quindi, se vi saluto è già 1 punto?” ci abborda lui, perfettamente edotto sul regolamento del gioco, le cui tappe precedenti ha seguito su questo blog. 
 
Tra grandi abbracci e sorrisi, finirà coinvolto nel selfie di inizio gara, che però continuiamo da soli; il cielo si è annuvolato all’improvviso ma ben presto si aprirà, regalandoci un pomeriggio azzurro e lungo. Serena prova ad agganciare una signora il cui balcone si affaccia direttamente sul castello, ma l’approccio non ha grande successo (e frutta 1 solo punto). 
 
Basta lasciarsi i bastioni alle spalle e inoltrarsi nelle vie sinuose e basolate, perché lo scenario cambi radicalmente: ci si apre davanti un Salento meno sfolgorante e più autentico rispetto alle cartoline arcinote; questo borgo ovale fatto di chiese, palazzi e case è poco noto, schiacciato com’è tra la fastosa Lecce, l’azzurra Gallipoli, la ricca Galatina e la fiera Nardò. 

Eppure ha un suo equilibrio segreto, una sorta di terra di mezzo che rimane ferma mentre tutto scorre.


Non c’è stradina del sud che non ne abbia una: una finestra strategicamente puntata sulla via e una vecchina dietro i vetri ad osservare chi passa.  

Buonasera, signora”: è Danilo, stavolta, a salutare la vecchina attraverso l’arco d’ingresso, bianco di calce. 

Trasiti, entrate…” risponde lei (1 punto per noi), indicando con ampi gesti la madonnina posta nell’angolo sotto la scala; tutta la squadra non se lo fa ripetere due volte e, sotto gli occhi increduli della debuttante Chiara, invade il cortile (guadagnando 3 altri punti).

Cesà sale sulle scale per scattare la foto migliore, Danilo va in avanscoperta e fa conoscenza con l’82enne signora, alle cui spalle spunta un uomo sulla 60ina. “Mi chiamo Gioconda, piacere.  Volevate dire una preghiera alla Madonna?”. Le nostre intenzioni erano un po’ più laiche, a dire il vero. “Siamo visitatori – spiega Danilo -  stiamo facendo un gioco per scoprire Copertino. Non ha qualcosa da raccontarci?”. “Uuh, figlio mio e che ti devo raccontare? Più del miracolo che ho avuto da piccina?”. Sbarriamo gli occhi, chiediamo spiegazioni. “Ma trasiti, entrate… che fate sulla scala? Avete sete? Giuseppe, dagli da bere, alli vagnoni”. 

Troppa grazia tutta insieme: entriamo nella casa di Gioconda (5 punti), salutiamo Giuseppe (1 punto), beviamo un dissetante bicchiere d’acqua (altri 5 punti) mentre dalla parete un Cristo in technicolor osserva quanto accade e ci apprestiamo a sentire la storia del miracolo di Gioconda, un vero e proprio cuntu che potete ascoltare per intero cliccando il link qui sotto e che a noi frutta ben 15 punti.  
 
Non sappiamo se sia stato un vero miracolo, quello di cui Gioconda sostiene di essere stata protagonista quasi settant’anni prima e al quale Giuseppe deve il suo nome, in onore del santo che con un provvidenziale volo avrebbe salvato sua madre; di certo, la casa dell’82enne nonnina trasuda religiosità: Cristo, padre Pio, la Madonna e l’immancabile san Giuseppe sporgono da tutti i muri. 

Trasiti, entrate… guardate nella camera quanti altri ne ho” ci dice Gioconda. E non mente: accanto al letto c’è un vero e proprio altarino in cui si mescolano immagini di santi e foto di defunti. “Quello al centro è mio marito, buon’anima – ci spiega – se ne andò per una malattia al fegato che io avevo una trentina d’anni e nove figli. Per questo sono così devota: se non mi aiutava san Ciseppu miu, da sola come potevo fare?”.

La sua logica semplice quasi ci commuove: salutiamo Gioconda (“grazie, mi sono sfogata un po’, tornate quando volete”), ringraziamo Giuseppe e torniamo all’aria aperta.
 
Ci basta fare pochi passi e alzare gli occhi (e gli smartphone) al cielo per trovare un altro contatto. “Mè, mo’ mi dovete mettere sopra a facebook?” chiede la donna dal balcone con una vistosa scritta “vendesi” (facendoci raggranellare 1 punto). “Che fa signora, vende?” chiede Monica. “Noo: compro! – risponde lei – ho già una casa a Sant’Isidoro e ora mi compro questa casetta qui a Copertino. È bello il Salento, però… quanta sporcizia: ditelo ai vostri sindaci, che facessero più differenziata”. 

Potremmo replicare che Bari non brilla per percentuali di riciclaggio, ma il discorso si farebbe lungo e complicato: salutiamo la signora barese e proseguiamo per la nostra strada. 

Dopo tanto parlare di san Giuseppe, ci è venuta la curiosità di vedere i luoghi del santo: fermiamo un automobilista per chiedergli informazioni. “Nà, e che fate qui?” chiede. Lo conosciamo:è Massimo Alemanno, direttore sportivo del Casarano Calcio, che ci indica la direzione (1 punto per noi).

Così percorriamo una stradetta intitolata proprio al santo dei voli che si apre in uno slargo pulito, piccolo e bianco. Su un lato  c’è una casetta, sulla quale è stata costruita una piccola vela con una campana, che proietta la sua ombra sul muro bianco della stradetta: è la casa paterna di Giuseppe Desa, come leggiamo nella scritta che campeggia sul frontone dell’umile tempio. 

Dall’altro lato dello slargo, invece, c’è la chiesa dedicata a san Giuseppe; a renderla preziosa agli occhi dei copertinesi e dei devoti non è né il fronte, semplicissimo, né l’interno, decorato a stucchi colorati senza grandi pretese. È il locale annesso, cioè la “stalletta” dove nacque Giuseppe Desa dalla madre Franceschina Panaca: la data è il 1603 e da allora la stanza si è conservata perfettamente integra, ancora con il suo tetto di legno e paglia e il suo grande camino seicentesco. Questa stalletta è anche il simbolo delle origini umilissime del santo che diventerà protettore degli studenti: non per la sua erudizione, attenti, ma per la sua testa dura. 

Non è un caso che san Giuseppe venisse chiamato “frate asino” da un genio del teatro contemporaneo come Carmelo Bene, che era affascinato dall’estatica ignoranza del santo che sapeva staccarsi da terra in quei voli che lo hanno reso famoso (e protettore anche degli aviatori) e soprattutto a lui dedicò la sua celebre definizione “nel sud del sud dei santi”. Beh, andiamo avanti?”. È Graziano che freme per continuare la gara.


Ricomincia il nostro tour: le nuvole si sono disperse da tempo, il cielo è tornato azzurro e lucente e contro il suo splendore si stagliano otto mensole di pietra scolpite che raffigurano frutta, mentre una bougainville cremisi fiorisce ai loro piedi. 

È evidente, questa giornata di fine aprile ci vuole bene.

Le nostre due new entry si divertono: Chiara, per la quale la giornata è semilavorativa, deve anche dividersi tra noi e l’ipad sul quale legge mail e segue gli eventi, già predisponendo le corrispondenze che in serata invierà a Repubblica

Giovanna, che ha sfoderato il più policromo fra i suoi cappotti, è in pieno mood da chiccèccè: ferma al volo una donna e le chiede informazioni sulla città (1 punto per noi). 
Non ne so niente, son tornata da poco dopo una vita in Germania” si schermisce lei. 
Ha fatto l’emigrante? Potrebbe raccontarcelo” incalza Giovanna. 
No, figlia mia, è una storia amara” taglia corto la signora, e ripiega verso casa. 

Non va meglio a Cesà, che abborda una signora più policroma di Giovanna: “signora, possiamo disturbarla?”. 
Vado di fretta, buonasera” risponde lei, facendoci guadagnare 1 solo scarno punto

Ci prova anche Graziano, ma alla sua richiesta di qualche racconto tipico sulla storia di Copertino e dei suoi abitanti, la donna fa cenno di no: “da poco sto in Italia”, risponde. 
E Graziano tira via, sconsolato, con 1 solo punto nel paniere. 

Ancora peggio va a Danilo: attacca bottone ad un’intera famiglia, che si sta rinfrescando ad una fontana, ma i genitori rispondono in un idioma misto di italiano e francese : “no, somo turiste. Ci sapete dire dov’è il chateau?”. 
Ah, nnamo bene!” pensa fra sé Danilo, pescando nei suoi ricordi scolastici qualche parola francese e accontentandosi di 2 punti

Monica, con praticità, entra in una corte: male che vada, avrà portato a casa 3 punti; non le va malissimo, perché trova un gruppetto di bambini a giocare.
Mamma e papà non ci sono?” chiede lei; “non sono fatti tuoi” gridano due di loro, tra boccacce e risate, che per lo meno ci valgono 2 punti

Serena tenta un’altra strada e aggancia un signore affacciato alla balcone, chiedendogli informazioni sul palazzo antistante, bello ma sbarrato come quasi tutti gli edifici del centro storico. “Il proprietario abita qui dietro, ma non so dirvi se c’è” risponde lui (facendoci guadagnare 1 punto). 

La gara insomma sembra tornata in salita: anche i mascheroni apotropaici ci guardano con aria ostile mentre circoliamo fra le strettoie del centro storico.


La situazione è così incartata, quando sbuchiamo di nuovo sullo spiazzale antistante il castello. Ed è qui che incontriamo Angelo Vogna: “avete trovato la persona giusta” sorride sotto i baffi questo simpatico ometto, rispondendo alle nostre domande (il che ci vale 1 punto). 

Angelo è il presidente dell’associazione di tutela del borgo antico, di cui conosce ogni basolo e ogni palazzo: è in giro a distribuire inviti per un convegno sulla raccolta differenziata, organizzato dalla sua associazione. “Si chiama Vico Serpe, come una stradina che si trova nel cuore del centro storico: serpe, perché è curva come un serpente” ci spiega. 

Monica e Serena non lo lasciano finire; è appena ritornato alla mente il suggerimento di Salvatore, il componente del comitato feste di san Giuseppe. “La figlia di Salvatore? Ma certo che la conosco, abita lì davanti, se volete vi accompagno”, ci dice Angelo.

Detto, fatto: per la verità ad aprirci è il genero, Matteo (1 punto per noi). “Entrate, ci avevano avvertito che forse sareste venuti” ci dice. 

Tanta gentilezza ci apre il cuore; entriamo nel cortile (facendoci guadagnare 3 punti), dove conosciamo Kiki: più il cucciolo di casa che un cane da guardia, visto che si offre volentieri alle carezze di tutti noi. Saliamo le scale ed entriamo in casa. “Ma che bella sala” si complimenta Chiara, stringendo la mano di Alessia, la padrona di casa (1 punto per noi): sulla parete, l’immancabile quadro raffigurante san Giuseppe. 
La parte migliore è il panorama” minimizza lei. Come darle torto? Quando usciamo sul terrazzo, la vista spazia sull’intero fronte del castello angioino di Copertino. “Che meraviglia” si incantano tutti, di fronte a tanto spettacolo. Matteo sorride, orgoglioso. “È bello, sì” conferma Alessia dalla cucina, dove si è già messa a preparare il caffè.

Chiacchieriamo sul terrazzo come se ci conoscessimo da sempre: Matteo, geometra, Monica, imprenditrice edile, e Angelo, presidente dell’associazione per il centro storico, si intendono al volo: regolamenti edilizi, lentezza degli uffici tecnici, piani del colore. 
Serena intanto aiuta Alessia in cucina e poco dopo tornano entrambe sul balcone: la padrona di casa, trionfante, porta il vassoio del caffè (5 punti). Dietro di lei, accolta da una vera e propria ovazione, arriva Serena recando coca-cola (altri 5 punti) e cioccolatini (ulteriori 5 punti). 

Si sta bene sul terrazzo baciato da sole e affacciato sul castello, in quel piccolo nido che hanno messo su da pochi mesi i due ragazzi. 


Cesà imposta la sua fedele macchina fotografica: un autoscatto collettivo è d’obbligo e i sorrisi, ve lo assicuriamo, sono autentici. Se il tempo non stringesse, rimarremmo ancora a lungo a chiacchierare. 

Ci alziamo mal volentieri, ringraziamo Matteo ma non vediamo più Alessia. Ci raggiunge poco dopo, esitando, quasi scusandosi: “se ho capito bene, vi dà molti punti” ci dice sorridendo. In mano regge un vasetto dal contenuto color giallo oro. “Sono carciofi sott’olio, li ho fatti io” spiega a Monica, letteralmente in visibilio per quella botta di punti: “beddha mia, sono 35 punti, il massimo!”. 

Sorridenti e carichi di punti, lasciamo quella casetta davanti al castello che si è aperta a noi come una storia semplice e gentile. 



A guidarci stavolta c’è Angelo Vogna, che ci descrive l’attività della sua associazione e la trascuratezza di un centro storico “che potrebbe essere meraviglioso, con un po’ di cura e vigilanza”. 

E ha ragione; in pochi minuti, la parte più segreta del centro storico di Copertino ci si spalanca davanti: percorriamo vicoli resi più belli dalla luce radente del sole che inizia a calare; mentre avanziamo fra le stradine, alla nostra vista si alternano chiesette settecentesche, come la cappella di Santa Maria di Costantinopoli e piccole corti alle quali il tempo e la trascuratezza hanno tolto smalto, compensandolo con una suggestiva decadenza.
 
Giovanna si imbatte nel più salentino tra i “divieti di parcheggio”: una sedia che troneggia sulla strada, per impedire a chiunque di posteggiare l’auto davanti al cancello dal quale una signora scruta i passanti. “Signora, possiamo disturbarla?”. “No, figlia mia, aspetto gente: mi dispiace” ribatte lei, facendoci guadagnare 1 solo misero punto


Intanto Angelo continua la sua visita guidata nel centro storico, di cui ci indica molti splendori e qualche miseria. “Abbiamo messo cartelli dappertutto, chiedendo rispetto innanzitutto agli abitanti del centro antico” spiega, mentre varchiamo un arco, sfregiato dalle scritte spray di qualche vandalo. “Eppure abbiamo ridipinto i muri l’estate scorsa – si sfoga– e sapete chi sono stati gli unici ad aiutarci? Gli extracomunitari che vivono qui dietro”. 

Non c’è traccia di ideologia nelle sue parole, si vede che a spingerlo è una concretissima passione per la sua città. 
 
Vedete questa? - ci dice, indicandoci l’ennesima chiesa – è una chiesa sì, ma sconsacrata: ed è la storica sezione del Pci”. Ecco concretizzarsi l’altra anima di questa città dalla religiosità quasi maniacale: Copertino fu una roccaforte del movimento contadino, della rivolta dell’Arneo e della lotta delle tabacchine, dalla quale nacque la “coppia rossa” del Salento, ovvero Pippi Calasso e Cristina Conchiglia, entrambi sindaci e deputati comunisti. “In questa sezione ci veniva tutto il paese – spiega Angelo – anch’io ci ho passato tante e tante sere, da bambino. Ma sapete perché? Perché aveva il primo televisore pubblico che si sia visto qui”. Un mezzo popolare in un partito popolare: i tempi della demonizzazione radical-chic del tubo catodico sono ancora di là da venire. 
Chiediamo alle due ragazze che ci passano davanti se sappiano la storia del posto, ma loro ci guardano come marziani. “Non ne sappiamo niente” dicono ridendo (e regalandoci altri 2 punti).


Il nostro percorso ci porta, ancora una volta, ad incontrare Danilo Rafaschieri, già incrociato alla partenza: affacciato al balcone ci invita ad entrare nella corte: “Sono 3 punti, no? Vi farei entrare in casa, ma il bambino dorme”.

Andiamo avanti e la nostra strada continua le pieghe del borgo, che ci schiude un tesoro nascosto fatto di portali lavorati come merletti e di chiavi di volta arricchite da stemmi nobiliari, angeli con la spada sguainata, mascheroni carnevaleschi. 

Il più notevole è l’antico portale di palazzo Pappi: secondo la tradizione fu realizzato da Evangelista Menga, lo stesso architetto che cinse di mura e bastioni il castello angioino.

Il portale è il più illustre fra quelli dei palazzi gentilizi del luogo ed è, in qualche modo, uno specchio dell'attuale condizione del centro storico di Copertino: incantevole, ma trascurato. E chissà cosa penserebbe l'architetto Menga, che riuscì a fortificare il castello, ma non è riuscito a difendere la sua opera dall’assedio delle automobili. 


È a questo punto che Cesà intravede una donna sull’uscio di casa e la blocca: l’occasione è propizia per ottenere una ricetta, il cui punteggio manca ancora all’appello. 

Cosa sa preparare di tipico, signora?”. Lei apre le braccia un po’perplessa: “non so… le polpette?” chiede, un po’ esitante (1 punto per noi). 

Per noi va benissimo: la ricetta (che potete leggere e ascoltare qui) ci vale 10 punti e il saluto con l’anziana madre della nostra “signora delle polpette” 1 altro punto

La gara volge decisamente al bello, come il cielo Meraviglioso contro il quale si stagliano i lampioncini di questo borgo antico dal grande fascino.


Abbiamo insomma qualche sgocciolo di tempo da dedicare alla conclusione del nostro viaggio nel grande corpo del borgo antico: ci infiliamo tutti insieme in una corte. “Siete turisti? Salite sopra a fare foto, ci vanno tutti” ci dice una signora dalla finestra.

Il suo consiglio ci frutta 1 punto (più 3 punti per l’invito a visitare la corte) ma soprattutto una bellissima foto sull’orizzonte fitto di case dal quale spunta la torre campanaria della chiesa matrice: è uno dei monumenti più importanti di Copertino, occorre visitarla.

 

Biondo era e bello e di gentile aspetto”, secondo Dante Alighieri, Manfredi di Svevia; ma il re di Sicilia doveva essere anche un nostalgico e rimpiangere le fredde montagne germaniche dalle quali proveniva il padre, l’imperatore Federico II. 

Altrimenti non si spiega l’intitolazione che nella seconda metà del 1200 volle imporre alla chiesa di Copertino, dedicata a Santa Maria ad nives: la Madonna delle nevi venerata in una pianura secca e arsa, una bella ironia voluta dal principe di Hohenstaufen. Ma anche uno straordinario monumento, nato nell’anno mille, stratificato in quasi mille anni di storia ed elevato a basilica pontificia nel 2011. 

È il nostro ultimo sguardo sul centro di Copertino: il tempo è ormai trascorso, velocissimo e denso, e dobbiamo ritornare al luogo dell’appuntamento con l’altra squadra,  Macco, al castello. 

Sarà proprio qui che faremo l’ultimo incontro del nostro tour: insieme a Stefano, dj di Radio Salento (1 punto), incontriamo Arnaldo Stifani, un artista nato contadino e divenuto scultore del legno d’ulivo (1 altro punto), tanto apprezzato da aver ricevuto nel suo piccolo museo anche un ex presidente del Consiglio e un ex presidente della Repubblica. “Eccoli lì: D’Alema e Scalfaro, sono venuti pure loro” ci dice, orgoglioso, aprendoci il piccolo museo per mostrarci le sue opere belle e ingenue e qualche vignetta che lo ritrae all’opera e regalandoci gli ultimi 5 punti di questa intensa tappa.




Ci ricongiungiamo ai nostri amici-concorrenti di Macco, anche loro di ritorno da un tour denso e soddisfacente: saranno i punti a definire il vincitore, ma di sicuro a vincere è stato Copertino, un Salento laterale che ribolle di vita autentica e insospettata. Dalla porta attigua al castello svetta, le braccia al cielo, la dolce ossessione del luogo: un san Giuseppe che sembra salutarci e consigliarci di tornare, al più presto, qui, a casa sua. 

Reduce da una sconfitta di misura nella precedente tappa di Patù, la squadra "Micco" totalizza 138 punti nella tappa di Copertino, piazzandosi per un'incollatura davanti alla squadra avversaria, "Macco" (il cui tour potete leggere qui). E si prepara alla prossima sfida del "Salento Express": la tappa di Ruffano, che potete leggere qui. E, ovviamente, #chicceccè!